Gialloluce - acrilico su tela - 90x100 - 2018
Paesaggio urbano - matita su carta - 35x50 - 2018
Punto zero - acrilico su tela - 100x170 - 2018
Gialloluce - acrilico su tela - 90x100 - 2018
Luce Meridiana è un viaggio introspettivo alle radici della ricerca poetica e stilistica come momento di riflessione volutamente intimo, che Tina Sgrò sceglie di condividere con la sua città. Una volontà progettuale che sottende tutta la sua ultima produzione, esposta in anteprima attraverso un ampio corpus di dipinti, disegni e opere grafiche appositamente selezionati.
“Il racconto domestico di Tina Sgrò è un voluttuoso noir costellato di indizi: una lampada accesa, una sedia scostata, un lenzuolo sgualcito, tracce inequivocabili di presenze assenti. Un labirinto di stanze disabitate e svuotate di ogni funzione, in cui l’artista allestisce una giostra di relazioni mancate.
Luoghi della solitudine e dell’abbandono, frequentati da oggetti-sentimenti feriti, usati e poi dimenticati. Ambienti inospitali, ovattati e silenti, in cui la materia è ossessionata da una luce che disturba, distorce, dissocia e rigenera, in un tempo sospeso e dilatato.
Luce meridiana che nasce nell’ombra, nel barlume crepuscolare che risale una tenda polverosa e si insinua nelle fessure, ammanta gli oggetti e se ne impossessa. Assiepandosi tra le molecole delle cose, cristallizza la visione in un filtro cromatico che azzera ogni variazione di tono, per poi esplodere con la potenza di una deflagrazione atomica. La sua pennellata sensuale, pastosa e umida, impressiona la tela come una pellicola fotografica. Scontorna le figure, le disfa e le ricompone di bagliori inattesi negli interni cupi e sommessi.
Fenomeni atmosferici di Boldiniana memoria, accendono il ricercato mobilio retrò. Anche l’aria ha un peso. Un quotidiano senza visite popolato di visioni metafisiche, di desideri inespressi e pulsioni oniriche. Trappole emotive, il cui punto di fuga è sempre al di là del visibile.
E un fuori, se c’è, è la dissertazione su uno spazio metropolitano desertico e scarnificato. Un reportage di strade, ponti e palazzi della sua città, imbevuti di un fulgore accecante. Scheletri d’acciaio e blocchi di cemento armato sono proiezioni ortogonali che si intersecano con l’asfalto, in prospettive liquide e sfocate che ridisegnano il campo visivo. Lo chiamano effetto Morgana.
L’aspetto fugace di queste ‘immagini analogiche’, rievoca quello delle polaroid sbiadite dal tempo.Luoghi appena riconoscibili, corrosi e trasfigurati dalle radiazioni luminose. Sinestesie anestetiche in una sinfonia urbana fatta di interferenze, dove il contrasto luci-ombre/bene-male si fa estremo.”
Testi critici, a cura di Marta Toma